Con la sentenza n. 184/02/2020 pronunciata il 16 ottobre 2020 e depositata il 20 novembre 2020, la Commissione Provinciale Tributaria di Udine ha riconosciuto il diritto del contribuente di essere restituito nel termine per la definizione dell’accertamento con riduzione delle sanzioni a un terzo ai sensi dell’art. 15, comma 1, d.lgs. n. 218 del 1997 anche nell’ipotesi in cui ad essere parzialmente annullato in via di autotutela sia un avviso di accertamento per il quale non è stato presentato ricorso entro i termini di legge.
In particolare, nel giudizio deciso dalla sentenza, il Contribuente ha rappresentato di aver ricevuto un avviso di accertamento e contestuale irrogazione delle sanzioni per IRPEF e addizionali regionali e comunali per l’anno 2013, e di essersi limitato a presentare un’istanza di autotutela ai sensi dell’art. 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n.564 a termini per l’impugnazione scaduti. Accolta parzialmente l’istanza di autotutela dall’Ufficio, il Contribuente ha provveduto al pagamento delle imposte rideterminate e a quello delle sanzioni, nella misura di un terzo del minimo edittale previsto dall’art. 15 del d.lgs. n. 218 del 1997. Ciò sull’assunto che, nel caso di specie, trova applicazione il comma 1-sexiesdell’art. 2-quater del d.l. n. 564 del 1994, laddove prevede che “nei casi di annullamento o revoca parziali dell’atto il contribuente può avvalersi degli istituti di definizione agevolata delle sanzioni previsti per l’atto oggetto di annullamento o revoca alle medesime condizioni esistenti alla data di notifica dell’atto purché rinunci al ricorso”.
L’Ufficio ha invece notificato provvedimento di diniego della definizione agevolata, ritenendo che il comma 1-sexies dell’art. 2-quater del d.l. n. 564del 1994 consentirebbe di usufruire della definizione agevolata delle sanzioni solo a condizione che, all’atto del parziale annullamento in autotutela del provvedimento, il Contribuente risulti ancora nei termini per impugnarlo ovvero sia già pendente il giudizio e, solo a seguito dell’autotutela, rinunci al ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale di Udine ha giudicato illegittimo il diniego di definizione. In particolare, secondo i giudici di prime cure, l’Ufficio, richiedendo che la rinuncia al ricorso giurisdizionale sia conseguenziale all’annullamento in autotutela onde consentire la restituzione nel termine per la definizione agevolata delle sanzioni, propone un’interpretazione strettamente letterale dell'art.2-quater, comma 1-sexies, del decreto-legge n. 564 del1994. Tuttavia, sostengono i giudici “l'interpretazione strettamente letterale tradisce quella che si può ricostruire come "l'intenzione del legislatore" (art. 12, comma 1°, disp. prel. c.c.)”.
Trattandosi, infatti, di una norma deflattiva del contenzioso, che agevola il contribuente nel momento in cui accetta di definire il suo rapporto con l'Amministrazione finanziaria, sarebbe in contraddizione con tale finalità un'interpretazione per cui il contribuente sia comunque costretto a fare ricorso al giudice tributario, per non perdere la possibilità di definire le sanzioni in modo agevolato neppure nel caso in cui il provvedimento impugnato sia afflitto da errori riconoscibili dallo stesso Ufficio in via di autotutela. Secondo i giudici di prime cure, infatti, il testo della legge non è incompatibile con un’interpretazione più coerente allo scopo, posto che anche nel caso qui in esame la contribuente ha rinunciato al ricorso giurisdizionale, soltanto che lo ha fatto a priori, ovverosia prima di avere ottenuto il risultato dell'annullamento parziale in autotutela. Oltre che per coerenza con lo scopo deflattivo del contenzioso, aggiungono i giudici, “l'interpretazione proposta da parte ricorrente si fa preferire anche per motivi di razionalità equitativa, posto che riconoscere il beneficio (definizione agevolata delle sanzioni) a chi ha proposto ricorso giurisdizionale, per poi rinunciarvi, e negarlo a chi ha rinunciato a proporre ricorso giurisdizionale darebbe luogo auna disparità di trattamento difficilmente giustificabile”. Infine, affermano i giudici della Commissione, è irrilevante la circostanza che l’avviso di accertamento non sia stato tempestivamente impugnato dinanzi all’autorità giudiziaria, essendo ormai indiscusso il principio per cui la definitività non impedisce l’esercizio dell’autotutela.
La sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Udine appare senz’altro condivisibile, avendo i giudici di prime cure correttamente favorito un’interpretazione logico sistematica dell’art. 2-quater,comma 1-sexies, del decreto-legge n. 564 del 1994,senz’altro più soddisfacente di quella meramente letterale fatta propria dall’Ufficio. Quest’ultima, infatti, non tiene conto della ratio della disposizione che è volta, per l’appunto, a non privare i contribuenti della facoltà di definire in via agevolata le sanzioni ed evitare il contenzioso con l’Amministrazione finanziaria nel caso di provvedimenti impositivi afflitti da errori facilmente riconoscibili ed emendabili in via di autotutela.
Inoltre, non è trascurabile il principio di diritto espresso dai giudici laddove riconoscono che il beneficio della definizione agevolata delle sanzioni dev’essere garantito sia ai contribuenti che rinuncino esplicitamente a proporre ricorso sia ai contribuenti che vi rinuncino implicitamente a priori, diversamente verificandosi una palese e ingiustificata violazione del principio di parità di trattamento.