Con la sentenza n.1679 del 14 giugno 2022, la CTP di Milano si è pronunciata in tema di registrazione del decreto di omologazione del concordato preventivo.
In particolare, nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate, richiamando il comma 2 dell’art. 21 del TUR – ai sensi del quale “se le disposizioni contenute nell'atto derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa” – liquidava l’imposta di registro in misura proporzionale in relazione all’accollo del complessivo fabbisogno concordatario a carico del terzo assuntore in misura del 3% ex art. 9 Tariffa Parte I del TUR.
Senonché la CTP ha condivisbilmente ritenuto scorretta la ricostruzione operata dall’Ufficio, posto che secondo i principi che disciplinano l’imposta di registro, la tassazione dovrebbe essere commisurata esclusivamente all’attivo trasferito e non all’accollo.
Sul punto, i giudici di primo grado hanno correttamente dedotto che l’accollo nell’ambito di un concordato preventivo con terzo assuntore si caratterizza per la stretta connessione tra il soddisfacimento dei creditori concorsuali del fallimento da parte dell’assuntore, attraverso l’istituto dell’accollo, e il trasferimento in suo favore dei residui attivi fallimentari. Ne consegue che l’accollo rappresenta la contropartita dell’attivo trasferito e pertanto l’imposizione dovrebbe essere commisurata esclusivamente a tale attivo oggetto di trasferimento.
Di contro l’accollo del passivo non può essere assoggettato ad imposta, dal momento che ai sensi del comma 3 dell’art. 21 del TUR “non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati e contestuali ad altre disposizioni nonché le quietanze rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono”.
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