Con la risposta ad interpello n. 800 del 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la società estera che intende trasferire in Italia la sede legale può utilizzare lo stesso numero dipartita IVA della stabile organizzazione, da questa precedentemente costituita in Italia, a condizione che il trasferimento avvenga, da un punto di vista civilistico, in continuità giuridica e che tale continuità sia riconosciuta anche nello Stato estero di provenienza.
La risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate trova il proprio fondamento nella normativa civilistica e, in particolare, (i) tanto nel principio di reciprocità previsto dall’art. 16 delle preleggi del c.c., secondo cui alle società straniere sono riconosciuti gli stessi diritti previsti per le società italiane se il loro paese d'origine riconosce tali diritti anche in favore delle società italiane,(ii) quanto nel principio recato dall’art. 25, comma 3, della legge n.218/1995, secondo cui “i trasferimenti della sede statutaria in altro Stato e le fusioni di enti con sede in Stati diversi hanno efficacia soltanto se posti in essere conformemente alle leggi di detti Stati interessati”. Sulla base di tali principi, quindi, l'efficacia del trasferimento della sede statutaria è subordinata al duplice rispetto sia delle norme del paese di provenienza sia di quelle del paese di destinazione. Con la conseguenza che la continuità giuridica della società è condizionata alla ammissibilità del trasferimento nei due ordinamenti; pertanto, una società estera, che abbia trasferito in Italia la propria sede legale, diviene società di diritto italiano senza necessità di costituirsi ex novo, a condizione che il trasferimento della predetta sede sia ammesso dalla legge dello Stato in cui si è costituita e che, quindi, in tale ordinamento la disciplina del trasferimento di sede non costituisca un evento estintivo.
Sulla base di tali presupposti civilistici, l’Agenzia delle Entrate conclude per ritenere che “non si ravvisano specifici impedimenti all'utilizzo da parte della società trasferita della partita IVA già attribuita alla sua stabile organizzazione in Italia, previa la comunicazione delle eventuali modifiche da eseguire ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,n. 633”.
La posizione assunta dall’Agenzia delle Entrate, che presuppone la previa verifica della possibilità di nazionalizzare la società estera in regime di continuità, appare condivisibile oltreché speculare rispetto alla precedente risposta ad interpello n. 73/2018 che aveva correttamente stabilito che la stabile organizzazione di una società italiana che ha trasferito la propria residenza all’estero, qualora prosegua nell’esercizio di impresa in continuità, può conservare il numero di partita IVA della società trasferita.
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