Con l’ordinanza n. 20149/2021, la Corte di Cassazione ha precisato che la sola contabilizzazione ed esposizione in dichiarazione di alcuni costi per operazioni soggettivamente inesistenti, anche se integra una condotta rilevante sotto il profilo penale, non giustifica il ricorso all’accertamento induttivo puro da parte dell’Amministrazione finanziaria.
In particolare, secondo la Cassazione, la rideterminazione del reddito sulla base delle presunzioni semplicissime, vale adire di quelle presunzioni prive del requisito della gravità, precisione e concordanza, può essere operata, ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d)del d.P.R. 600/1973, soltanto allorché l’intera contabilità risulti inattendibile in ragione delle gravi, numerose e ripetute irregolarità riscontrate.
Pertanto, come opportunamente rilevato dalla Suprema Corte, la conclusione di operazioni soggettivamente inesistenti con un unico fornitore, per giunta per un importo contenuto, non può assolutamente consentire la rideterminazione dell’imponibile meditante il metodo sintetico puro poiché difettano i presupposti previsti dalla legge. Ed infatti, posto che nel caso di specie non è possibile prescindere dalle risultanze delle scritture contabili, l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto, al più, fare ricorso all’accertamento analitico induttivo, e, per l’effetto, avrebbe dovuto rideterminare esclusivamente le singole poste contabili mediante l’utilizzo di presunzioni che integrassero i requisiti di cui art. 2729c.c.