Con la sentenza del 6 febbraio 2025, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (di seguito anche “CEDU”) ha accolto il ricorso presentato da Italgomme Pneumatici S.r.l. e altri 12 ricorrenti contro l’Italia, stabilendo che le modalità di accesso e ispezione dei locali commerciali da parte delle autorità fiscali italiane non rispettano i requisiti di “qualità del diritto” e violano il diritto al rispetto del domicilio e della corrispondenza, tutelato dall’articolo 8 della Convenzione.
In particolare, il caso riguarda le modalità con cui le autorità fiscali italiane hanno condotto ispezioni nei locali commerciali delle società ricorrenti, portando alla violazione di alcune garanzie procedurali essenziali.
Nello specifico, i ricorrenti hanno contestato:
i) L'assenza di un controllo giurisdizionale preventivo sulle autorizzazioni per l’accesso ai locali.
ii) La mancanza di un controllo giurisdizionale effettivo ex post sulla legittimità e proporzionalità delle ispezioni.
iii) L'impossibilità per i soggetti coinvolti di impugnare efficacemente i provvedimenti adottati.
La CEDU ha riconosciuto che le misure adottate dallo Stato italiano costituivano un’ingerenza nel diritto al rispetto del domicilio e della corrispondenza delle società ricorrenti e che tale ingerenza non fosse "conforme alla legge" nel senso previsto dall’articolo 8 della Convenzione, data la mancanza di prevedibilità e di tutele adeguate per i ricorrenti.
Alla luce delle conclusioni della CEDU, l’Italia dovrà modificare la propria legislazione, prevedendo in maniera chiara i casi in cui sono possibili ispezioni in azienda, nonché l’obbligo di informare il contribuente della portata della verifica prima che questa sia svolta ed il diritto ad essere assistito da un professionista, al fine di garantire un maggiore equilibrio tra l’interesse pubblico alla lotta all’evasione fiscale e la tutela dei diritti fondamentali delle imprese.
#verifichefiscali #CEDU #corteeuropea #accesso #autorizzazione